BOLOGNA – Una multa di quasi mille euro per aver appeso un volantino “con acqua e farina” in solidarietà a Pablo Hasel, il rapper arrestato in Catalogna con l’accusa di aver inneggiato al terrorismo nei suoi post e nelle sue canzoni, in particolare contro la Corona spagnola. È quella che si è vista recapitare il collettivo Noi restiamo che nei giorni scorsi, proprio durante un presidio aveva affisso davanti al portone di via Zamboni 36, dove ha sede la biblioteca di Discipline umanistiche dell’Università di Bologna. “Abbiamo fatto un attacchinaggio con acqua e farina, niente di distruttivo per il palazzo storico dell’Università, e per questo sono stati sanzionati due compagni di Noi restiamo dalla Digos: quasi mille euro per un foglio di carta appesa”, spiega Antonio, un attivista. Una punizione “sproporzionata”, dovuta secondo il collettivo al “messaggio di denuncia politica che conteneva”.
L’arresto del rapper infatti, come ricorda il collettivo, “fu molto grave perché avvenne dentro l’Università, e da questo poi partirono fortissime mobilitazioni ancora in corso. I giovani scesi in piazza sono veramente migliaia e parlano delle condizioni che affrontiamo anche noi qui in Italia, quindi disoccupazione, difficoltà economiche economiche, peggioramento delle condizioni di vita”. L’episodio farebbe dunque parte, visto il tema, di una lunga serie che vede un “pugno di ferro” dell’Ateneo “contro le iniziative politiche”.
La sanzione di quasi mille euro è l’ultima di una serie di ‘risposte’ “contro gli studenti che hanno animato le più varie proteste di questi anni”, tempo nel quale “lo spazio d’azione della polizia all’interno delle dinamiche universitarie è aumentato enormemente”. Noi restiamo, cita come episodio più eclatante “l’irruzione dei reparti antisommossa nei locali della biblioteca di via Zamboni 36” ai tempi della questione sui tornelli. Ad ogni modo, le iniziative di solidarietà, promette il collettivo, continueranno. “Stiamo cercando di portare avanti il percorso su Pablo a livello nazionale”, perché “anche qui la nostra condizione parla chiaro” e c’è la necessità di “imporre una rottura a questo stato presente di cose è necessaria, non potremmo farla se non alzando la voce e organizzandoci”, conclude Antonio.
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