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Etiopia, il patriarca ortodosso: “Denuncio il genocidio ma mi censurano”

PalermoEtiopia, il patriarca ortodosso: “Denuncio il genocidio ma mi censurano”

ROMA – “Soldati stanno deliberatamente massacrando civili nella regione del Tigray di città in città, di villaggio in villaggio. Massacrano dicendo: ‘Non dormiremo finché la gente del Tigray non scomparirà dalla faccia della terra’. Ma le mie denunce vengono censurate sui mass media. Non mi è concesso parlare: tutte le azioni che ho cercato di intraprendere sono state impedite”. Così il patriarca della Chiesa ortodossa etiope, Abune Mathias, in un video rilanciato da Baton of Truth, un canale che si propone di “tradurre contenuti di attualità tigrina dall’inglese e dall’amarico all’italiano per informare sulla situazione nel Tigray”.

Il leader religioso è intervenuto a sei mesi dallo scoppio del conflitto nella regione settentrionale del Tigray: il 4 novembre, il governo federale del primo ministro Abiy Ahmad ha lanciato un’operazione militare per deporre l’esecutivo locale, accusato di aver organizzato elezioni illegittime. Ciò ha innescato la reazione della milizia armata collegata al partito, il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf), con un conflitto che non si è ancora fermato. Organizzazioni umanitarie hanno riferito di stragi, abusi, blocco all’accesso di aiuti umanitari e centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati nei Paesi vicini.

Abune Mathias ha denunciato ancora: “I massacri contro civili innocenti commessi dall’esercito continuano, sono giunti ormai al sesto mese”. Secondo il patriarca, i militari “uccidono i giovani e li gettano nei dirupi in modo che non possano essere seppelliti”, mentre “le donne vengono violentate e l’intensità del loro dolore gli fa desiderare la morte”. Abune Mathias ha aggiunto: “La gente è stata privata delle sue proprietà, dei diritti e perfino della vita”.

Secondo il patriarca, gli agricoltori del Tigray “non sono autorizzati a coltivare e le loro attrezzature vengono bruciate”, mentre “vengono bombardate anche Chiese e monasteri, i sacerdoti uccisi”. Ad Axum, ha detto Abune Mathias, “coloro che si sono opposti al saccheggio delle reliquie” dalla chiesa di Santa Maria di Sion “sono stati fucilati”, e ciò “ha riguardato anche altre chiese”.

Secondo il patriarca, “queste atrocità riguardano anche le regioni di Oromia, Benishangul-Gumuz e altre parti del Paese, ma non tanto quanto il Tigray, dove sarebbe in corso “il peggiore e il più brutale tra i conflitti”. Abune Mathias ha detto che sebbene “quelle violenze non sono più segrete, e nonostante il mondo ne sia a conoscenza, una mia intervista del 15 aprile è stata bloccata”. Abune Mathias ha aggiunto: “Nessuno conosce le difficoltà che sto affrontando: ho provato molte volte a prendere posizione, ma nessuno mi ha ascoltato. La mia voce non ha raggiunto la gente perché è censurata sui mass media del Paese”.

Il patriarca ha concluso con un appello: “I governi del mondo devono trovare il modo di fermare questo genocidio il prima possibile. Sono turbato e la mia coscienza soffre: mi appello affinché agiate per fermare quanto sta accadendo”.
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