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Fiducioso il presidente della Camera di commercio di Bologna: “Fuori dalla crisi prima del previsto”

Fiducioso il presidente della Camera di commercio di Bologna: “Fuori dalla crisi prima del previsto”

BOLOGNA – L’ultima previsione di Prometeia per l’economia bolognese stima un ritorno ai livelli pre-Covid solo nel 2023. “Ne usciremo prima”, assicura il presidente della Camera di commercio di Bologna, Valerio Veronesi. “Saremo fuori dalla crisi prima di quello che pensiamo, ve lo assicuro”, scandisce Veronesi, intervistato oggi dalla ‘Dire’. “Non conoscete la forza degli imprenditori”, ammonisce Veronesi.

Secondo l’istituto di ricerche economiche, l’area metropolitana bolognese, dopo la caduta del 9,1% del 2020, dovrebbe recuperare nel 2021 con una crescita del Pil del 5% (1,7 miliardi di euro, in termini assoluti). Nel 2022 Prometeia prevede un incremento ulteriore del 4,5%, ancora insufficiente a recuperare quanto perso: mancherebbero 100 milioni per tornare al valore aggiunto del 2019. Nel 2021 è attesa una crescita del reddito (+4,9%) e dei consumi (+6,1%), ma, soprattutto, delle esportazioni (+11,9%). A guidare la ripresa saranno le costruzioni (+10,3%), l’industria (+7,8%). In recupero anche i servizi (+3,9%).

“RIPARTENZA? SI VEDE DA MACCHINE UTENSILI”

La ripresa ci sarà e a Bologna arriverà prima che altrove. Ne è certo il presidente della Camera di commercio, Valerio Veronesi, che trae questa certezza da un dato solo apparentemente secondario: gli ordinativi che per le macchine utensili. “Sono aumentati del 149%. In questo settore la catena dall’ordine alla consegna è di dodici mesi: significa che gli imprenditori hanno scommesso sulla ripresa”, sottolinea Veronesi parlando con la ‘Dire’. “Abbiamo i grandi player, un terziario importante e una catena della subfornitura che ripartirà abbastanza velocemente”, prevede.

Un’ulteriore spinta dovrebbe arrivare da investimenti come quello di Faw, che ha scelto l’Emilia per realizzare un nuovo stabilimento per la produzione di auto elettriche. Sulla location dello stabilimento, ‘conteso’ da Bologna e Modena, ancora si tratta. “Tutto sommato si va verso un compromesso, che individua una zona che è sotto il nostro vescovo, ma in territorio modenese”, conferma il numero della Mercanzia sottintendendo l’area di Castelfranco Emilia. “Faw avrà bisogno di 1.500 ingegneri, se non li troverà li porterà via alle nostre aziende. È necessario e indispensabile per l’economia della città che la priorità sia dare ai giovani la possibilità di restare”, ribadisce.

“ITALIANI CHE HANNO RISPARMIATO ORA AIUTINO PMI”

Dirottare il risparmio degli italiani verso strumenti finanziari a sostegno delle piccole imprese. “È una questione di equità” per il presidente della Camera di commercio di Bologna, Valerio Veronesi. “Da una parte abbiamo visto che ci sono 56 miliardi in più nei conti correnti, dall’altra ci sono 2.500.000 di aziende in sofferenza, per un principio di equità bisogna che troviamo una quadra”, incalza Veronesi, intervistato oggi dall’Agenzia ‘Dire’. “Noi possiamo dare suggestioni alla politica. Ma se esiste Cassa depositi e prestiti che è in grado di fare questo lavoro per le medie e grandi aziende, entrando nel capitale e partecipando alla loro crescita. Perché non possiamo pensare di sfruttare i fondi che ci sono, i Pir (piani individuali di risparmio, ndr), rimodulati e dedicati alle piccolissime imprese?”, chiede il numero uno della Mercanzia. “Perché non possiamo pensare di offrire a questi correntisti, che tengono il denaro al -1%, la possibilità di entrare in un fondo blindato per 5 o 10 anni che va direttamente su queste aziende e che alla fine li potrebbe ricompensare con risultati sicuramente migliori di quelli che hanno con il conto corrente? Sarebbero contente le aziende e sarebbero contenti anche i correntisti. In più si mostrerebbe attenzione verso le piccole imprese”, spiega Veronesi. “Oggi il problema è la liquidità. Senza quella, le aziende non ce la possono fare. Ma su questo punto dobbiamo trovare una soluzione politica. È un passaggio di equità”, insiste.

“Hanno sofferto assieme, quelli che erano chiusi in casa e che non potendo spendere hanno visto crescere i loro conti correnti, e hanno sofferto gli artigiani che sono rimasti chiusi pur continuando a pagare”, ricorda Veronesi. “Il primo lockdown ha dato la possibilità agli esercizi di accedere a un contributo di 25.000 euro, poi ci sono stati vari finanziamenti. Nel secondo giro di lockdown si è parlato unicamente di ristori. Probabilmente così facendo non abbiamo accontentato nessuno: i 3.000 o 5.000 euro che hai dato a un esercizio, messi in un fondo di garanzia potevano essere moltiplicati per dieci e dati come finanziamenti. Quei soldi avrebbero permesso alle aziende di indebitarsi, ma anche di sopravvivere, perché è meglio un’azienda indebitata che un’azienda chiusa”, conclude.

DOPO SBLOCCO “6.000-8.000 LICENZIAMENTI” ATTESI A BOLOGNA

Con la fine del blocco dei licenziamenti a Bologna potrebbero perdere il lavoro tra le 6.000 e le 8.000 persone (che si aggiungono alle oltre 5.000 già rimaste senza impiego secondo la Cgil). La stima è della Camera di commercio. “Non ci sarà un impatto dirompente”, commenta il presidente Valerio Veronesi. “Ovviamente stiamo parlando di posti di lavoro persi e ogni posto di lavoro perso è una famiglia che non paga il mutuo e non sa come riorganizzare la propria vita. Ma ci aspettavamo un dato peggiore, sempre ammesso queste stime vengano confermate”, spiega Veronesi in una intervista alla ‘Dire’. “Se, però, questi numeri fossero confermati, paradossalmente dovremmo dire che pensavamo peggio”, sottolinea. Di certo, assicura non ci sarà la corsa delle imprese a licenziare.

“Le imprese sono imprese perché hanno i dipendenti. Non parlo delle multinazionali, ma le piccole imprese artigiane e del commercio sono i dipendenti, non solo il titolare. Eppure, sembra che la battaglia sia tra imprenditori che non vedono l’ora di disfarsi dei loro dipendenti e lavoratori che temono di restare senza impiego. Ma è sbagliato impostare così la questione”, protesta il numero uno della Mercanzia. “Se ci sarà lo sblocco dei licenziamenti, le imprese che decideranno di lasciare a casa dei dipendenti sono quelle che prima o poi chiuderanno”, avverte Veronesi.

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