ROMA – In Turchia è critica la situazione per gli universitari che protestano da due mesi contro il governo. “Sono oltre 700 i giovani arrestati durante le manifestazioni, 30 i ragazzi ai domiciliari, e ora la polizia va a prendere gli studenti anche a casa. So anche di due prelevati davanti casa, portati in commissariato e lì minacciati, picchiati e poi rilasciati. È una strategia del terrore. E questo accade nell’indifferenza dell’Italia e dell’Europa”. Inizia così l’intervista per l’agenzia Dire di Hazal Korkmaz, studentessa di Firenze iscritta al primo anno di Giurisprudenza, nata in Turchia e cresciuta in Italia. Il 4 gennaio, la nomina del nuovo rettore dell’Università Bogazici di Istanbul da parte del governo del presidente Recep Tayyip Erdogan ha generato proteste da parte degli studenti, con cortei dispersi con la forza dalla polizia. Secondo l’attivista, “i servizi di sicurezza controllano anche i social media e Whatsapp, dove i ragazzi si coordinano per le proteste” e “pochi giorni fa, l’amministratore di un gruppo è finito in manette”. Le marce però continuano: ieri, in occasione delle celebrazioni per l’8 marzo, erano anche gli universitari a Istanbul, Smirne e in altre città a invocare più diritti e democrazia. Anche perché, avverte Korkmaz, dalla Turchia giungono denunce “di torture e violenze sessuali degli agenti soprattutto contro le donne o gli esponenti della comunità Lgbt, contro cui il governo non ha mai nascosto la propria ostilità”.
Korkmaz continua parlando dell’inizio delle proteste all’Università del Bosforo: “Ho capito subito che la repressione era pari a quella registrata nelle marce anti-governative di Gezi Park, nel 2013, e così mi sono subito attivata per creare consapevolezza della crisi qui in Italia”. Secondo la studentessa, però, “il silenzio del mondo accademico e dei media è assordante”. La protesta sarebbe per una causa “giusta”. “Il rettore ha l’ultima parola sulla scelta dei docenti e sui programmi” dice Korkmaz. “C’è forte pressione affinché gli insegnamenti siano allineati alla propaganda del governo e i giovani si oppongono perché sanno che se vogliono contribuire al progresso del Paese devono poter studiare liberamente”. Per questo Korkmaz si è mobilitata per fare rete con gli atenei italiani. L’impresa sta però risultando più ardua del previsto: “Nessuna università in Italia ha ancora preso posizione sugli attacchi che gli universitari turchi stanno subendo. Solo singoli docenti si stanno muovendo. È grave”. Korkmaz avverte: “Non si tratta di una faccenda privata della Turchia, ma riguarda tutte le università del mondo. Quando si attaccano gli universitari e la libertà di studio, si aggrediscono valori universali. Quegli stessi valori e diritti umani su cui è stata fondata l’Unione europea”. Korkmaz, sostenuta da docenti, dall’associazione studentesca Primavera degli studenti e da alcuni politici italiani, ha presentato una mozione al Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu) per chiedere al governo e ai rettori di prendere posizione. “L’inerzia dimostrata finora- denuncia la studentessa- è anche dovuta ai media italiani, che stanno seguendo troppo poco la questione”.
L’articolo La studentessa denuncia: “In Turchia raid e abusi contro gli universitari” proviene da Ragionieri e previdenza.