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Nuovo Pd: Letta deve volare ma le ‘correnti’ lo schiacciano al suolo

Nuovo Pd: Letta deve volare ma le ‘correnti’ lo schiacciano al suolo

ROMA – Succede sempre così. Tutti, ma proprio tutti, salgono sempre sul carro del vincitore. Quindi è normale che il nuovo segretario del Pd, Enrico Letta, venga acclamato da tutte le ‘correnti’ Dem come il caro leader, quello che ‘alla luce ci conduce’. Contro Letta, ieri all’assemblea nazionale, ci sono stati solo 2 voti, 860 favorevoli e 16 astenuti. Un vero e proprio plebiscito interno, che ben fotografa la situazione drammatica in cui versa il Pd che ha dovuto richiamare da Parigi la sua risorsa migliore e incoronarlo in quattro e quattrotto.

Oggi il segretario è alle prese con la redazione del ‘vademecum’, il manuale con i passaggi principali del suo programma e le istruzioni per avviare il dibattito interno che sarà inviato a tutti i circoli Dem. E’ certo una novità, quella di voler ripartire dai militanti finora snobbati; ma allo stesso tempo segnala l’altra difficoltà per il nuovo segretario. Perché punta ad aprire il partito all’esterno – tra pochi giorni comincerà ad incontrare tutti i leader dei partiti del centrosinistra, Matteo Renzi compreso – a parlare agli altri, ai tanti che stanno fuori e vanno ri-conquistati, mettendo da parte il confronto con le ‘correnti’ interne che di fatto governano. Quindi rimarranno gli attuali capigruppo, Andrea Marcucci al Senato e Graziano Delrio alla Camera, perché, come sottolinea un Dem “Letta non ha nessuno e non ha i numeri per sostituirli. Quanto riportato dai quotidiani a questo proposito – sottolinea- è frutto del chiacchiericcio dei ‘zingarettiani’ ancora sotto botta”.

Insomma, il nuovo segretario del Pd, che non è l’ultimo arrivato, ha bisogno di tempo, di far crescere il partito attorno a sè a livello territoriale e quando sarà abbastanza forte portare il rinnovamento anche all’interno. Ma dovrà correre, perché a ottobre ci saranno importanti elezioni amministrative, con le principali città italiane, da Milano a Roma, da Torino a Napoli, chiamate ad eleggere i nuovi sindaci. Sarà il primo ‘congresso’ di Letta, seguito subito dopo dal secondo: l’elezione del nuovo Capo dello Stato a febbraio. Per questi appuntamenti il nuovo segretario dovrà avere già pronta la sua coalizione di centrosinistra in formato Ulivo.2, quella che, come ha detto nel suo intervento di investitura, dovrà avere il Pd a capo. Qui l’altro nodo da sciogliere, quello del rapporto con il nuovo Movimento 5 Stelle che avrà Giuseppe Conte come leader. E se nel vecchio schema di Zingaretti, uscito sconfitto, Conte poteva pure essere il punto di riferimento comune, nel Pd di Letta questo non esiste. Ci sarà collaborazione sì, ma sarà competizione a tutti i livelli e sempre più dura man mano che ci avvicineremo alle prossime elezioni politiche che in molti pensano arriveranno prima del 2023. Intanto la mossa di Letta sulla cittadinanza ai migranti ha già scosso l’attuale quadro politico, dove tutti stanno appoggiando il Governo Draghi, facendo riemergere i nemici: la Lega di Salvini e la destra di Meloni.

Per quanto riguarda l’ex segretario Nicola Zingaretti, oggi il presidente della Regione Lazio ha illustrato in Consiglio regionale il programma politico alla base della nuova alleanza Pd-M5S che governerà la regione nei prossimi anni. Per qualcuno è la prova che Zingaretti sta valutando la possibilità di candidarsi a sindaco di Roma, anche se la sindaca uscente, Virginia Raggi, non dovesse farsi da parte vista l’alleanza stretta coi Dem. Dalle parti di Zingaretti, infatti, sono sicuri che sarà lui ad andare al ballottaggio con il candidato del centrodestra. A quel punto gli elettori ‘grillini’ convergeranno per forza al secondo turno.

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