ROMA – Non c’è solo il tema della ‘cultura dello stupro’ , non c’è solo l’odiosa vittimizzazione secondaria, non c’è nemmeno, come potrebbe essere legittimo, la denuncia di una stortura o anomalia del procedimento giudiziario. C’è un padre famoso che s’infuria perché il figlio, figlio vip, è al centro di questa oscena storia dell’accusa di stupro ai danni di una giovane, nei panni del carnefice. C’è un padre ‘noto’ che fa le indagini e decreta quasi in virtù della sua notorietà l’innocenza del gioco fallico e del consenso della ragazza. C’è proprio il marchese del Grillo che utilizza i social e quindi la potenza mediatica per fare megafono del suo privato. Perchè lui non è un cittadino comune, lui non è mamma Sonia, mamma Laura, mamma Ginevra o un Vannini di Cerveteri, lui è il vip e suo figlio non è uguale agli altri. È l’inaudito disappunto della casta che rigurgita rabbia quando diventa uguale a tutti, come legge vuole, dimostrando persino una feroce ignoranza su quello che ha deciso il legislatore sui tempi della denuncia e non il pm di turno. Dunque Grillo e il suo manipolo del riscatto del popolo mostra il suo vero volto dal superiore pulpito della sua posizione sociale che si era solo bellamente camuffata. …“Perchè io so io- diceva il Marchese del Grillo- e voi non siete un ca…..”.
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