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Tentato golpe in Sierra Leone, il cooperante: “Freetown deserta, la gente resta in casa”

Tentato golpe in Sierra Leone, il cooperante: “Freetown deserta, la gente resta in casa”

ROMA – “In Sierra Leone c’è ancora il coprifuoco notturno, ma anche di giorno la gente tende a non uscire: il fatto di non sapere i motivi di questo tentato golpe fa paura, in un contesto di crisi economica già difficile e del dilagare della droga tra giovani e giovanissimi“. Gianni Bagaglia è rappresentante Paese per la Fondazione Avsi, che in Sierra Leone opera dalla fine degli anni Novanta nel campo della protezione dell’infanzia, dell’educazione e della formazione.

Con l’agenzia Dire parla da Freetown, dopo che lo scorso fine settimana questo Paese dell’Africa occidentale è stato interessato da un tentato colpo di Stato che, se fosse riuscito, sarebbe stato il terzo dell’anno dopo Niger e Gabon e il nono dal 2020 nel continente. I disordini sono iniziati sabato sera, ma è nella mattina di domenica che un commando di militari ha preso d’assaltato l’armeria e cercato di raggiungere il palazzo presidenziale di Freetown, incontrando però la resistenza dei lealisti. Coinvolte anche caserme e la prigione di Pademba, dove sono stati liberati 1.800 detenuti sui 2mila totali.
Dopo ore di informazioni incerte e frammentate, il presidente Julius Maada Bio ha confermato che le forze di sicurezza hanno sventato un tentato golpe e che la calma “è tornata”, annunciando anche arresti nelle file dell’esercito.

CACCIA ALL’UOMO PER TROVARE GOLPISTI E ARMI RUBATE

Bagaglia però riferisce: “Tra le strade è caccia all’uomo per catturare i disertori, riportare in carcere gli evasi e ritrovare le armi. Già una dozzina di ufficiali sarebbero finiti in manette. Ci sono posti di blocco ovunque, si fanno perquisizioni e si sentono spari”. L’emittente Al Jazeera ha riferito di vari soldati e un civile ucciso negli scontri a fuoco. Nella capitale quindi, secondo il rappresentante di Avsi, “strade vuote, negozi chiusi e gente in casa”. Oltre alle operazioni militari, bisogna fare i conti anche con le centinaia di detenuti a piede libero: “A Pademba”, continua il cooperante, “c’erano sia detenuti per reati comuni che criminali o ex combattenti della guerra civile. Circa 30 sono stati ripresi, altri 150 hanno detto che si costituiranno”.

Bagaglia riferisce che “ad alimentare il panico non è tanto l’azione in sé, quanto il fatto che provenga dall’esercito, una forza ritenuta alleata della popolazione e delle istituzioni, anche durante crisi come quelle di ebola o del covid”. Sui mandanti e i motivi dell’azione non si hanno ancora informazioni, ma da tempo l’Africa subsahariana è destabilizzata dall’impatto globale della pandemia di Covid prima, e delle guerre in Ucraina e Medio Oriente poi, che hanno fatto impennare il costo delle materie prime. “Inflazione e disoccupazione sono alle stelle, soprattutto dopo che il governo di Bio ha sospeso i sussidi per l’elettricità, il carburante e le telecomunicazioni” prosegue Bagaglia. “Per tante famiglie la situazione si sta facendo sempre più insostenibile”.

IL KUSH, LA DROGA SINTETICA CHE “CONQUISTA” ANCHE I BAMBINI

Ad allarmare è anche la diffusione del kush, una droga sintetica in arrivo dall’estero che, sfruttando povertà e marginalità, sta conquistando sempre più giovani “già a partire dai 10 anni”, dice Bagaglia, “al punto che non è raro che si scoprano corpi di ragazzi senza vita ai bordi delle strade”.

LA RISPOSTA DI AVSI: PUNTIAMO SU FAMIGLIE E ASSOCIAZIONI LOCALI

Avsi, che porta avanti progetti finanziati sia dall’Unione europea che dalla Commissione per le adozioni internazionali (ente della presidenza del Consiglio), sta affrontando la crisi su due fronti: “Da un lato stiamo sostenendo le famiglie con corsi di formazione e sensibilizzazione, sia sulla gestione finanziaria che sulla genitorialità. Forniamo anche aiuti economici su misura, affinché non siano costrette a chiudere attività già avviate”. Questo serve, nel lungo periodo, a evitare abbandoni di minori o dispersione scolastica, un problema che colpisce il Paese dai tempi della guerra civile, combattuta tra il 1991 e il 2003, segnata anche dal fenomeno dei bambini soldato. Un secondo intervento, continua il rappresentante di Avsi, punta a “sostenere le piccole realtà della società civile, in modo che si rafforzino, migliorando i servizi educativi e di protezione dell’infanzia e, col tempo, diventino esse stesse promotrici di interventi specifici, in collaborazione con le istituzioni”. Capacità e talenti che sono diffusi e capillari, conclude il cooperante: “A noi il compito di sostenerli”.

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