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Vino dealcolato, AssoDistil: decreto non può derogare a leggi Stato

AttualitàVino dealcolato, AssoDistil: decreto non può derogare a leggi Stato

“A partire da un corretto inquadramento fiscale”
Milano, 27 nov. (askanews) – “AssoDistil plaude all’iniziativa del ministro mirata a concludere velocemente l’iter normativo che consentirà agli operatori nazionali di poter finalmente produrre anche in Italia un vino senza alcole, evitando l’attuale prassi di esportare vino verso altri Paesi europei in cui la dealcolizzazione è permessa, per poi reimportare lo stesso vino senza alcole per la successiva vendita sui mercati in cui tale prodotto è sempre più richiesto. Ringraziamo pertanto il ministro Lollobrigida per la sensibilità dimostrata verso queste esigenze, tuttavia, vi sono alcuni aspetti sui quali non è possibile derogare, primo tra tutti quello del corretto inquadramento fiscale cui sottoporre le miscele idroalcoliche ottenute dal processo di dealcolizzazione, nel rispetto del Testo Unico Accise, al quale chiunque produca alcole etilico deve conseguentemente attenersi”. Lo ha ribadito Antonio Emaldi, presidente della maggior associazione di distillatori italiana, durante l’incontro avvenuto il 26 novembre al Masaf, tra il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e le associazioni vitivinicole per discutere della bozza di Decreto sulla base del quale si disciplinerà anche in Italia la pratica di dealcolazione del vino.
Assodistil ha nuovamente sottolineato che un Decreto “non può derogare ad alcuna legge dello Stato, in particolare se prevede che ogni produzione di soluzioni alcoliche con grado superiore a 1,2% sia effettuata esclusivamente in regime di deposito fiscale di alcole, preventivamente autorizzato dall’Autorità competente: l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”. Solo così, secondo l’associazione, “si potrà legittimamente produrre e commercializzare l’alcole ottenuto, prevendendone magari l’impiego esclusivo per usi energetici o industriali così da evitare turbative nei mercati alimentari, seguendo la stessa ratio che il legislatore comunitario ha voluto imporre per la distillazione di crisi del vino”.
Per AssoDistil, anche il proposto inquadramento del liquido idroalcolico tra i cosiddetti ‘prodotti intermedi’ “risulta impreciso, poiché la vigente normativa individua tra questi solo il vino, il vermouth ed i sidri di frutta, che nulla hanno a che fare con l’alcole etilico ottenuto dal processo. Né varrebbe – precisa l’associazione dei distillatori – ad evitare l’imposizione di accisa, la previsione di trattare il liquido idroalcolico come rifiuto, invece che come alcol (come incredibilmente proposto da alcune associazioni presenti al tavolo, una sorta di nuovo ‘miracolo di Canaan’) con il risultato che causerebbe solo oneri in capo al produttore di vino dealcolizzato, che si troverebbe a dovere pagare per lo smaltimento anziché ottenere un ricavo dalla vendita dell’alcol legittimamente prodotto, così come avviene negli altri Paesi della UE dove tale pratica è già operativa”.
Non solo, AssoDistil, rimarca anche che processo di dealcolizzazione “oggi più utilizzato in Europa è quello a membrane, che prevede l’ottenimento di 10 litri di acqua con un basso titolo alcolico per ogni litro di vino trattato”. “Secondo le ultime previsioni, il vino dealcolizzato potrebbe conquistare subito una quota di mercato dello 0,5% con una crescita stimata dalla Commissione Ue del 15% all’anno: è per il momento una nicchia di mercato ma se rapportata alla produzione media di vino in Italia, si tratterrebbe comunque di 22,5 mln di litri all’anno di vino dealcolizzato e quindi di avviare allo smaltimento 225 milioni di litri di acqua”.
Infine AssoDistil ha sollevato il tema del divieto della detenzione di alcole negli stabilimenti enologici e quindi della necessità di “adeguare la normativa perché qualsiasi soggetto possa accedere a tale attività nel pieno rispetto delle Leggi”.

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